Questo sito rilascia cookies tecnici per consentirne il funzionamento, oltre a cookies, anche di terza parte, di 'analytics' per fare statistiche sul traffico ed attivare il miglioramento. Cliccando su "Conferma Scelte", acconsenti all’uso dei cookies qui sotto proposti o da te selezionati. Cliccando su "Accetta tutti i cookies" li abiliti tutti. Per saperne di più

Speranza contro ogni speranza - Gli auguri del dirigente

 

Speranza contro ogni speranza

 

Nel raccogliere le idee per  gli auguri pasquali, ho ripensato ai tanti colloqui in presenza e a distanza come pure alla fitta corrispondenza di questi mesi con tanti genitori e colleghi.

Come ho visto fare a chi ne sa più di me, ho sempre preso appunti e, rileggendo, ho ritrovato le parole che mi avevano colpito e che avevo annotato.

Fatica, stress, ansia, fobia, paura, cura, preoccupazione, scadenze, valutazioni, disciplina, programma, ordine, digitale, regole, tensione, difficoltà, disturbo, certificazione, sfiducia,…

Speranza non compare mai.

Mi ha fatto pensare perché la parola speranza deriva dal Latino, e prima ancora dal Sanscrito, il significato di “tendere verso una meta”. Già tendere è il contrario della stasi e dell’immobilismo. Se si tende, ci si volge verso qualcosa o qualcuno; se poi si tende verso una meta, allora il moto ha un senso, uno scopo, un fine. Ecco sperare è tutto questo.

 E allora viene spontaneo chiedersi se a sperare si insegna e, soprattutto, si impara. Io credo di sì. Però bisogna impegnarsi e applicarsi, come per tutto il resto, altrimenti hanno il sopravvento lo scoramento, il timore del fallimento (quanti alunni ne sono affetti) e non si nutre fiducia nel futuro e, prima ancora, nel presente, nell’altro e, soprattutto, in noi.

Gli ultimi anni hanno messo a dura prova proprio la capacità di nutrire e generare speranza in noi e negli altri e sono tanti, adulti o bambini, i rassegnati da risvegliare da una condizione che non ci appartiene e ci depriva forse più della povertà. Persino in questo Dante è ancora maestro insuperato: esule, ramingo, fiaccato nel corpo e nello spirito nel canto XXV (vv. 67 – 69) del Paradiso scriveva

«Spene», diss' io, «è uno attender certo
de la gloria futura, il qual produce
grazia divina e precedente merto
.

La questione, infatti, non è non soffrire ma andare insieme e oltre la sofferenza; attraversarla per indossarla, come un nostro abito che ci connota e di cui non possiamo liberarci.

Anni fa il Cardinal Martini ricordava come quelli che, non credenti, aveva visto curvi sotto il peso della vita lo avessero colpito perché sembrava avessero come una scaturigine misteriosa dentro, che li aiuta a guardare in faccia la sofferenza e la morte anche senza potersi dare ragione di ciò che seguirà.

Ecco. La speranza è ciò che resta non dell’ignoranza della sofferenza ma proprio del vissuto della sofferenza. La si impara man mano che non ci si ritrae dal dolore e si scommette sul futuro con impegno e determinazione. La si rinsalda con lo studio, conforto costante di chi non recede e cerca appigli pur nell’incertezza; la si alimenta sfidando se stessi e l’abisso della paura.

Insomma, la paolina speranza contro ogni speranza (Rm 4,16-25) è il mio personale e sommesso augurio per la Pasqua.

Il dirigente